Omicidi in Appennino E’ la ricostruzione, assolutamente
rigorosa, dell’ininterrotta
catena di omicidi che dal 1944 giunge al 1983,
conosciuta come “mostro di Bargagli”, passata
attraverso numerose inchieste e processi senza che
si sia mai trovato un solo colpevole. Tutto ciò si è
reso possibile grazie ai documenti depositati
all’Archivio del Tribunale penale di Genova,
visionati in virtù di un decreto del Presidente del
Tribunale stesso, che hanno tra l’altro il pregio di
confutare alla radice una serie di interpretazioni
fuorvianti. La particolarità del libro è che i
sospetti di presunti omicidi – senza eccezione –
sono stati partigiani, un gruppo di partigiani di
“Giustizia e Libertà”, che gli inquirenti
riterrebbero uniti da un tacito patto teso a
eliminare “verità scomode” risalenti al tempo della
seconda guerra. Un gruppo che, alla fine, cioè nel
1989, dopo un lungo percorso accidentato ricco di
colpi di scena, la Corte di appello di Genova
assolve “per non aver commesso i fatti”. A
tutt’oggi, perciò, il “mostro” (o i “mostri”) non ha
un volto. E’ una storia complessa, coperta da
reticenze, omertà e omissioni politiche, che ha il
suo punto di vertice negli anni del terrorismo e
che, senza dubbio, spinge le sue radici
all’indietro, al periodo della Repubblica sociale.
Una storia che ha coinvolto, a vari livelli,
un’intera comunità – di Bargagli, appunto – e ha
provocato interventi a tutto campo, benché almeno
due fra le prime vittime – il brigadiere dei
carabinieri Candido Cammereri il 5 dicembre 1944 e
l’appuntato Carmine Scotti il 14 febbraio 1945 –
fossero anch’esse legati al variegato mondo
resistenziale. A quelle morti occorre risalire
quando si intenda comprendere le successive e gli
altri fatti di sangue perlomeno “dubbi” che hanno
contribuito a creare la leggenda del “mostro” e a
mantenerla nel tempo. Il lavoro si prefigge dunque
di fornire una risposta coerente a una vicenda lunga
quarant’anni e che risulta quasi sempre offerta ai
lettori in modo privo di riscontri oggettivi.
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