di Data presentazione: 12 agosto 2005 - Oratorio N.S. del Rosario - Sagrato S.Sabina - Trigoso Presentazione di Mario Dentone |
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"i ciottoli ” 17
Giustamente Franco Pogioli determina nella seconda guerra mondiale lo spartiacque, il confine netto fra due modi di vivere, diciamo pure due civiltà diverse nella piccola comunità di Riva Trigoso, come peraltro è avvenuto in scala nazionale per non dire europea e mondiale. La seconda guerra mondiale ha dilaniato popoli, ha scosso coscienze, ha ucciso false ideologie innalzandone nuove, ha dato speranze e alimentato utopie, e il dopoguerra, per quanto spesso difficile, dimentico degli orrori da non ripetere, tuttavia ha creato la modernità, la tecnologia assoluta, il progresso senza freno e, ahinoi, spesso… sfrenato! Tuttavia devo anche scrivere subito che, a parte la dolorosa esperienza della guerra, (per la quale a differenza di Pogioli che l’ha vissuta, adolescente, con le sue privazioni e paure, le notti di veglia ad ascoltare nel buio il rombare sinistro di Pippo, e le fughe negli allarmi, e così via, io mi sono salvato, essendo nato subito dopo) il resto dei ricordi qui rivissuti uniscono totalmente le nostre pur diverse e lontane generazioni: circa vent’anni di distanza, la guerra, appunto, ma giochi, usanze, vita di paese e di famiglia, curiosità, tutto per me è identico al suo vissuto, è dunque il mio stesso vissuto. Che significa questo? Significa che il mio dopoguerra di bambino e poi adolescente era difficile, gli stessi giochi erano fondati sull’arrangiarsi inventando il passare del tempo e il divertimento (viva la fantasia di allora, verrebbe da esclamare, quando oggi la fantasia dei bambini è nutrita sappiamo bene come), quando un rocchetto da intagliare, un elastico da cercare, un moccolo di candela da trafugare magari in chiesa, rincorsi da parroco o da perpetua, era il glorioso e gioioso impegno di uno o due pomeriggi, fra un compito in fretta e furia e una minaccia materna. Tutto scorreva, rallentato, nonostante le nostre corse, spesso scalzi, attraversando le strade vuote, la piazza delle corriere (la chiamavamo così, che erano gli unici mezzi, fatto salvo qualche fracassone camion verso il cantiere o qualche mosquito, il motorino di moda, e il Gilera sidecar di Tarditi… Ecco che Pogioli mi apre il cassetto dei ricordi, perché chiunque di noi ha il suo cassetto, e i ricordi sono inesauribili, pronti e freschi come se il tempo non esistesse: ieri, mica cinquant’anni fa!), e così via, verso il campo di via Colombo, la spiaggia (i “beucchi”, le spine) buona in ogni stagione… far volare gli scaldini, sì, o prendere gli “anghilleu”… Ricordo tutto, ho vissuto come miei i ricordi di Pogioli, pur da una generazione diversa. La televisione giunse a Riva nel 1954, suo primo anno, al Bar Paolo (mitico locale col salone biliardi, le serate danzanti con Natalino Otto e Flò Sandon’s), e a casa mia, sì… La povera casa di un operaio del cantiere (tutti erano in cantiere, in paese, padri e figli, come fosse un dovere, allora, a meno che non si andasse a navigare) con moglie e due figli da mandare a scuola. Però la prima televisione arrivò perché lo zio di Milano, fratello di mia madre, aveva messo in piedi, nell’avventura di allora, una fabbrica di elettrodomestici, e ricordo quella domenica in cui, orgoglioso di mostrarmi agli amici del paese, per suscitare in loro l’ammirazione un po’ invidiosa tipica della concorrenza infantile, ero ad aspettare la bella auto sull’angolo della strada, dov’era la “pompa” di via Genova, all’angolo col piccolo negozio di Dondi, l’orefice (altro punto di riferimento della mia Riva). E ricordo quello scatolone enorme, con dentro quella “magia” di legno, pesantissimo, era la televisione! Abitavamo al piano rialzato, e occorreva mettere un’antenna sul tetto, quattro piani, e far arrivare il filo… Che avventura! Una piattina di rame trasparente, giù giù penzoloni, uno alla finestra, uno sul tetto, lo zio all’apparecchio con quelle manopole, tutti frementi… Si vede, no, sì, no, ecco, così, fermo… Il passaparola di urla… Un fruscio, bianco grigio, ricordo… Una folla in un’immagine tremolante, a righe, confusa, ma era già una magia…Gratis! Ecco. E da allora, il giovedì sera, la processione di vicini di casa, della scala e delle scale vicine, in sala, noi bambini seduti a terra, a vedere “Lascia o Raddoppia?”…Venti, trenta persone in una saletta di casa… Ma il resto della mia Riva, quello che Cesare Pavese definì giustamente “mito” (cioè l’avvenimento per eccellenza, i mille avvenimenti che non si cancellano, e ti appartengono in qualunque età, irripetibili), con i suoi ricordi che Marcel Proust chiamò “intermittenze del cuore” a significarne il tuffo del respiro, l’emozione che apre il sipario e fa rivedere tutto come presente, è pienamente ritrovato in queste pagine di Pogioli, scritte con la semplicità del “rivano” (che oggi abita a Ponente ma, sia chiaro, senza discriminazioni campanilistiche, sono convinto si ritenga pur sempre “rivano”, non “ponentasco”, perché per noi solo Riva Levante era Riva, e Riva Ponente era solo Ponente!) che da ragazzo di cantiere, di scogli e spiaggia, di more e giuggiole, di Renà e del casello, di Trigoso e Manierta, di ponte e fiume (perché giustamente chiama fiume, il nostro Petronio, che pure è torrente e talvolta neanche quello, ma per noi vale il Po), di fascine di palme per farfalle, di bacchette di ombrelli (archi e frecce anche come fiocine sotto’acqua, ricordi, Franco?) e tubi di ottone delle mensole di marmo sui lavandini e dei lampadari per i cannoncini (le cerbottane, sì)… e così via… ha riaffrescato il paese che per noi è stato il mondo, perché l’altro mondo era soltanto sui libri di geografia (Chiavari era un viaggio), sulla grande carta geografica alla parete di scuola…dove le maestre, la Guglielminetti (quante generazioni sono state ammaestrate, in tutti i sensi, da lei?), e poi la Angeloni e la Semino, e il maestro Stella e Crivellari e Trapletti, ci dicevano che la scuola è la seconda casa e i maestri i secondi genitori… E l’asilo… Riva! Che aveva due orologi (a parte quelli di Dondi), il campanile della chiesa e la sirena del cantiere, che poi era il vero segnale orario, sia per i nostri rientri a casa pomeridiani (alle fatidiche cinque e quarto!) sia soprattutto per le donne, per i loro ritmi di lavori domestici, spesa e preparare pranzo… perché a mezzogiorno suonava la sirena e i mariti e i figli tornavano a casa (i rivani andavano a casa, non alla mensa), per ripartire all’altro suono (tre suoni, l’avvertimento all’una e dieci, il secondo “corno” ai venticinque, il terzo, tutti al “pezzo” a lavorare, ai trenta). E le biciclette! Non avevamo certo i soldi per affittarle da Bianchini o da Sarvan, e allora dietro la chiesa, addossate ai muri, in via La Spezia, intorno alla Croce Rossa, Riva era il paese delle biciclette degli operai, non certo delle auto come oggi, e che auto!, per quelli che venivano da fuori paese… E noi a scegliere la bicicletta, con l’incoscienza, non del furto in sé, ma del preoccuparci di riportarla al suo posto (sperando di ricordarlo) per le cinque e un quarto, e possibilmente in buono stato, cosa in verità ardua visto che la meta di sempre era il mitico Bracco passando sui tornanti di Trigoso, il nostro giro d’Italia… E ne ho visti, nascosto, di operai imprecare e cercare sistemi di chiusura, trovando la bicicletta bucata, un manubrio storto, freni rotti, per dire il minor danno. Non voglio rievocare cosa combinai una sera… Questo “paese” di Franco Pogioli ha scatenato in me, a ogni riga, per ogni gioco e luogo (i negozi, Trillo, U Carbunin, Beppi il “tabacchino”, il giornalaio Valentino e la Dele, i pesci da Cappellini sull’angolo, le osterie, i bar Paolo, Spezia, Giggio, l’oratorio parrocchiale, il cinema Bardilio, la signora Malia, chiamo come pronunciavamo allora, la Viviana, la Rositta, la gatta Polly, e così via… Povero me, non posso finire, ma devo finire) quei mille e mille film, le voci, le urla, le liti, i calci sul sedere per aver risposto a un adulto e poi, altro che psicologo o assistente o tribunale, il resto lo prendevi a casa per aver risposto a un adulto! Portiamo queste pagine nelle scuole dei Computer, delle Game-boys, della Play stations, dei videofonini, degli SMS, delle Chat lines, dei figli di Internet, dei Navigatori mediatici, del Web, degli email, noi che al massimo avevamo il permesso di immaginare, quando a Natale ci veniva regalato (e che lusso) Capitan Nemo, e se qualcuno era ricco una pistola con le stellette! Andiamo noi, Pogioli, anch’io mi propongo, con queste pagine a trovare i nostri figli, anzi, i nostri nipoti ormai, a leggere e completare questi ricordi che Pogioli ci ha proposto… Ci guarderanno come fossimo alieni o, come dicono loro, dei giurassici?… Beh, anche la preistoria ha il suo fascino, si tratta di trasmetterlo… Grazie Pogioli, vecchio amico di discussioni letterarie sotto l’ombrellone, ricordi? Appunto, ricordi.
La stampa di questo libro è stata resa possibile dall’aiuto finanziario dei soggetti di seguito elencati. Ad essi va il nostro sentito ringraziamento: con il loro contributo hanno permesso lo svolgimento di un’operazione culturale che incontrerà il gradimento dei lettori, recuperando preziosi documenti nascosti negli Archivi. Li citiamo in ordine alfabetico:
Antico Forno Parchi
dal1889
Assereto
Campeggio Parco
Vacanze Trigoso
Cartolibreia
Cristina & Marco
Centro Immobiliare
Emme Pesca Corso Buenos Aires, 110 – Chiavari
La Fiammenghilla dei Fieschi - Ristorante Pizzeria Contrada Pestella, 2 - Sestri Levante
La Lanterna
Ristorante Pizzeria Via Nazionale, 119-120 - Sestri Levante
L'Agenzia - Unipol Assicurazioni di Enzo Sivori, Lia Cervelli, Lorenzo Montagni Viale Dante, 27/2 - Sestri Levante
Ottica Annabella Via Nazionale, 414 - Sestri Levante
Panificio Spiga d'Oro Via G.Balbi, 14 - Riva Trigoso
Sangaletti Claudio
Carpenteria Navale
Sestri Pesca di Biasotti Bruno e Alessandro Villa Ragone - Sestri Levante
Via à Vis Via della Chiusa, 28 - Sestri Levante
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