FUNERALI DI CINQUE PARTIGIANI *
di
Franco Pogioli

Dopo i giorni euforici seguiti alla fine della guerra, i cortei e le manifestazioni di giubilo, il collettivo senso della pace ritrovata dopo tanti anni che pervadeva tutti, arrivò in paese anche il momento della tristezza, della mestizia.
Fu in occasione del giorno dei funerali dei cinque giovani rivani caduti durante il periodo della repubblica di Salò. Poche settimane dopo, in maggio.
Da parte del Comando della Coduri, all’indomani del 25 aprile, vi era stata subito una instancabile opera di ricerca e quindi di riesumazione e di recupero di tutti i caduti della Divisione che aveva operato sui nostri monti e aveva liberato i nostri paesi, nei vari luoghi di sepoltura principalmente nei piccoli cimiteri di campagna dell’entroterra e in quelli della riviera, dove erano avvenute esecuzioni sommarie o scontri a fuoco.
Le bare, qualcuna di costruzione rudimentale, dati certi momenti tragici di alcune morti, dei 43 partigiani, tanti erano stati i morti della Coduri, riportate tutte a Chiavari, erano state esposte e vegliate nella chiesa delle Giannelline a mare.
Era il 21 maggio 1945.
Il corteo funebre, con tutta quell’interminabile sequenza di bare portate a spalla dai compagni si snodò dal mare alla cattedrale della Madonna dell’Orto tra una folla immensa. Il rito religioso fu celebrato sotto il pronao della chiesa. Dopo la funzione, squadre di compagni dei caduti curarono il trasporto da Chiavari ai vari punti di origine, sia nel Tigullio che in città lontane come Bari, Bergamo, Biella ...
A Riva le bare dei cinque partigiani del paese arrivarono sopra un camion scoperto in via del Petronio (via Mons. Vattuone ancora non esisteva), all’altezza di via delle Americhe da dove, portate a spalla e in fila, tra una folla silenziosa iniziarono il corteo.
Come in una processione religiosa aprivano davanti, su due file, le donne del paese, giovani e adulte, quindi una grossa bandiera della Croce Rossa locale, un tricolore e una bandiera rossa con falce e martello. Seguiva il parroco di Riva, don Riccobaldi, l'arciprete di Trigoso, don Cafferata, un frate e un rappresentante del comando della Coduri. Quindi, una alla volta le bare, coperte di fiori e attorniate dai compagni come volessero chiuderle in un abbraccio fraterno.
Il silenzioso corteo varcò il ponte sul Petronio e si diresse, passando davanti alle scuole elementari, in via Genova dove, proprio all’inizio di questa strada, effettuò la prima sosta sotto l’abitazione di Ugo Bucciarelli (Terremoto) fucilato a 22 anni a S.Colombano per rappresaglia, con tutte le cinque bare allineate frontalmente per qualche minuto di raccoglimento.
Quindi il corteo
funebre riprese il cammino rientrando in via della Libertà percorrendo il centro del paese. Le altre soste furono fatte a poca distanza l’una dall’altra, poiché gli altri tre caduti del quartiere avevano vissuto e abitato proprio in quella zona centrale di Riva. Tommaso Castagnola (Tom) in via E. Piaggio come Luigi Marone (Dik) e Amedeo Vascelli (Noce) in via Colombo.
Tommaso Castagnola era stato fucilato,
diciottenne a Chiavari, Luigi Marone di 22 anni a Santa Margherita di Fossa Lupara, un mese prima della fine della guerra per rappresaglia, mentre Amedeo Vascelli, ventunenne, era caduto in vaI Graveglia nel corso di una imboscata.
Poi ci fu la funzione funebre nella parrocchia di S.Pietro gremita in ogni sua parte. Le cinque bare, sommerse dalle corone e dai mazzi di fiori, furono allineate davanti all’altare. Il picchetto d’onore, oltre che dai compagni che avevano vissuto con loro sui monti, era composto anche da una rappresentanza di militari americani in pieno assetto cerimoniale con armi e elmetti in testa.

Al termine della funzione funebre le cinque bare furono riportate sul piazzale dove ricevettero l’ultimo saluto e omaggio dalla popolazione di Riva e Trigoso prima dì ripartire per l’ultimo tratto di strada. Il corteo, nella stessa disposizione di prima, si avviò lentamente verso il camposanto, costeggiando gli orti di via Gramsci, il recinto del Cantiere dove alcuni dei partigiani morti avevano lavorato fin da ragazzi.
Giunto all’altez-za  del cimitero, il gruppo che trasportava le bare effettuò un’ultima deviazione,
risalendo per qualche diecina di metri la strada sterrata che portava in valle Lago, proprio accanto alle mura cimiteriali. Si trattava di rendere l’ultimo omaggio, come era stato fatto per gli altri suoi compagni, ad Alfredo Gavignazzi (Terribile) fucilato a 19 anni assieme a Ugo Bucciarelli a S. Colombano e che aveva l’abitazione famigliare a distanza di qualche centinaia di metri in quella stretta valle a ridosso di boschi di pini.
All’interno del cimitero era già stato scelto il luogo dove sarebbe stato edificato il monumentale sacrario in cui avrebbero riposato. Si trovava proprio al centro del primo settore del camposanto in mezzo alle tombe di tanti rivani.
Provvisoriamente le cinque bare erano state posate su una bassa piattaforma di cemento e lì ricevettero l’ultimo saluto della gente di Riva, dei loro compagni, anche di coloro che forse non li avevano conosciuti personalmente ma che avevano voluto portare il
loro cordoglio, dopo una breve prolusione di un responsabile della Coduri.
In un secondo tempo, alle cinque tombe raccolte nel monumento costruito, si aggiunse anche quella di un altro partigiano, Severino Salvi (Marinaio) di 23 anni di Pila che era stato fucilato assieme a Bucciarelli e a Gavignazzi.
Quindi, molti anni dopo, nel 1984, trovò posto, sopra il monumento tombale anche Bruno Monti (Leone), d’origine milanese ma residente a Sestri Levante dopo il periodo della Resistenza in cui aveva ricoperto l’incarico di Commissario della Divisione Coduri.

* dal ciottolo n. 20:"Riva e Trigoso - Cronache d'altri tempi"
    Foto g.c. da Ghio Giuseppe cognato di Amedeo Vascelli  -
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