FUNERALI DI CINQUE PARTIGIANI
*
di
Dopo i giorni
euforici seguiti alla fine della guerra, i cortei e le
manifestazioni di giubilo, il collettivo senso della pace ritrovata
dopo tanti anni che pervadeva tutti, arrivò in paese anche il
momento della tristezza, della mestizia.
Fu in occasione
del giorno dei funerali dei cinque giovani rivani caduti durante il
periodo della repubblica di Salò. Poche settimane dopo, in maggio.
Da parte del
Comando della Coduri, all’indomani del 25 aprile, vi era stata
subito una instancabile opera di ricerca e quindi di riesumazione e
di recupero di tutti i caduti della Divisione che aveva operato sui
nostri monti e aveva liberato i nostri paesi, nei vari luoghi di
sepoltura principalmente nei piccoli cimiteri di campagna
dell’entroterra e in quelli della riviera, dove erano avvenute
esecuzioni sommarie o scontri a fuoco.
Le bare,
qualcuna di costruzione rudimentale, dati certi momenti tragici di
alcune morti, dei 43 partigiani, tanti erano stati i morti della
Coduri, riportate tutte a Chiavari, erano state esposte e vegliate
nella chiesa delle Giannelline a mare.
Era il 21 maggio
1945.
Il corteo
funebre, con tutta quell’interminabile sequenza di bare portate a
spalla dai compagni si snodò dal mare alla cattedrale della Madonna
dell’Orto tra una folla immensa. Il rito religioso fu celebrato
sotto il pronao della chiesa. Dopo la funzione, squadre di compagni
dei caduti curarono il trasporto da Chiavari ai vari punti di
origine, sia nel Tigullio che in città lontane come Bari, Bergamo,
Biella ...
A Riva le bare
dei cinque partigiani del paese arrivarono sopra un camion scoperto
in via del
Petronio (via Mons. Vattuone ancora non esisteva), all’altezza di via delle Americhe da dove, portate a spalla e in
fila, tra una folla silenziosa iniziarono il corteo.
Come in una
processione religiosa aprivano davanti, su due file, le
donne del
paese, giovani e adulte, quindi una grossa bandiera della Croce
Rossa locale, un tricolore
e una
bandiera rossa con falce e
martello. Seguiva il parroco di Riva, don Riccobaldi, l'arciprete di
Trigoso, don Cafferata, un frate e un
rappresentante del comando della Coduri. Quindi, una alla volta le
bare, coperte di fiori e attorniate dai compagni come volessero
chiuderle in un abbraccio fraterno.
Il silenzioso
corteo varcò il ponte sul
Petronio e si
diresse, passando davanti
alle scuole elementari, in via Genova dove, proprio all’inizio di
questa strada, effettuò la prima sosta
sotto l’abitazione di Ugo Bucciarelli
(Terremoto) fucilato a 22 anni a S.Colombano per
rappresaglia, con tutte le cinque bare allineate frontalmente per
qualche minuto di raccoglimento.
Quindi il corteo
funebre riprese il cammino rientrando in via della Libertà
percorrendo il
centro del paese.
Le altre soste furono fatte a poca
distanza l’una dall’altra, poiché gli altri tre caduti del quartiere
avevano vissuto e abitato proprio in quella zona centrale di Riva.
Tommaso Castagnola (Tom) in via E. Piaggio come
Luigi Marone (Dik) e
Amedeo Vascelli (Noce) in via Colombo.
Tommaso
Castagnola era stato fucilato,
diciottenne a
Chiavari, Luigi Marone
di 22 anni a
Santa Margherita di Fossa Lupara, un
mese prima della fine
della guerra per rappresaglia, mentre Amedeo Vascelli, ventunenne,
era caduto in vaI Graveglia nel corso di una imboscata.
Poi ci fu la
funzione funebre nella parrocchia di S.Pietro gremita in ogni sua
parte. Le cinque bare, sommerse dalle corone e dai mazzi di fiori,
furono allineate davanti all’altare. Il picchetto d’onore, oltre che
dai compagni che avevano vissuto con loro sui monti, era composto
anche da una rappresentanza di militari americani in pieno assetto
cerimoniale con armi e elmetti in testa.
Al termine della
funzione funebre le cinque bare furono riportate sul piazzale dove
ricevettero l’ultimo saluto e omaggio dalla popolazione di Riva e
Trigoso
prima dì ripartire per l’ultimo tratto di strada. Il corteo, nella
stessa disposizione di prima, si avviò lentamente verso il
camposanto, costeggiando gli orti di via Gramsci, il recinto del
Cantiere dove alcuni dei partigiani morti avevano lavorato fin da
ragazzi.
Giunto
all’altez-za del cimitero, il gruppo che trasportava le bare effettuò
un’ultima deviazione,
risalendo per qualche diecina di metri la
strada
sterrata che portava in
valle Lago, proprio accanto alle mura
cimiteriali. Si trattava di rendere l’ultimo omaggio, come era stato
fatto per gli altri suoi compagni, ad Alfredo Gavignazzi (Terribile)
fucilato a 19 anni assieme a Ugo Bucciarelli a S. Colombano e che
aveva l’abitazione famigliare a distanza di qualche centinaia di
metri in quella stretta valle a ridosso di boschi di pini.
All’interno del
cimitero era già stato scelto il luogo dove sarebbe stato edificato
il monumentale
sacrario in cui avrebbero riposato. Si trovava
proprio al centro del primo settore del camposanto in mezzo alle
tombe di tanti rivani.
Provvisoriamente
le cinque bare erano state posate su una bassa piattaforma di
cemento e lì ricevettero l’ultimo saluto della gente di Riva, dei
loro compagni, anche di coloro che forse non li avevano
conosciuti personalmente ma che avevano voluto portare il
loro
cordoglio, dopo una breve prolusione di un responsabile della
Coduri.
In un secondo
tempo, alle cinque tombe raccolte nel monumento costruito, si
aggiunse anche quella di un altro partigiano, Severino Salvi
(Marinaio) di 23 anni di Pila che era stato fucilato assieme a
Bucciarelli e a Gavignazzi.
Quindi, molti
anni dopo, nel 1984, trovò posto, sopra il monumento tombale anche
Bruno Monti (Leone), d’origine milanese ma residente a Sestri
Levante dopo il periodo della Resistenza in cui aveva ricoperto
l’incarico di Commissario della Divisione Coduri.
* dal ciottolo n. 20:"Riva e
Trigoso - Cronache d'altri tempi"
Foto g.c. da Ghio Giuseppe cognato di Amedeo Vascelli -
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