La vera storia della turbonave Esperia e di 1.500 ebrei nel giugno 1940 di Sandro Antonini[1] e Franco Prevato[2]
Questo scritto nasce per verità storica. Si è sostenuto a suo tempo (diversi giornali, e la Rai, hanno riportato la notizia), che nel giugno 1940, a ridosso della dichiarazione di guerra, la turbonave Esperia, della società “Adriatica di navigazione”, comandata dal sestrese Emanuele Stagnaro, partì dal porto di Napoli con a bordo circa 1.500 ebrei “provenienti da ogni parte d’Europa” (?) con rotta Alessandria e che il comandante, essendo nel frattempo scoppiata la guerra, avesse ricevuto l’ordine di ritornare indietro. Invece preferì disobbedire, accordarsi con gli inglesi ad Alessandria e, l’11 o il 12 giugno, sbarcare gli ebrei sani e salvi. Riuscì pure a ritornare a Napoli. Questo, a grandi linee, il racconto che ha circolato e continua a circolare. Da qui, però, sono sorti molti interrogativi che ci pare il tempo di chiarire. Per esempio i 1.500 ebrei, una cifra enorme per una nave che poteva trasportare, come numero massimo in cabina, 375 passeggeri. Possiamo forse arrivare a 5-600, forzando i codici marittimi. Ma crediamo che se davvero a Stagnaro si fossero presentate 1.500 persone avrebbe, per motivi di sicurezza, rifiutato di farle salire a bordo. E chi, dell’Autorità marittima del porto di Napoli, avrebbe dato il permesso assumendosene la responsabilità? Nessuno, ci pare. E poi, con la legislazione razziale in vigore in Italia, che dichiarava espressamente che gli ebrei stranieri presenti sul suolo nazionale avrebbero dovuto essere espulsi, come c’erano arrivati, nel paese? Quando? Attraverso quali complicità? E perché se ne volevano andare? Si è detto – e scritto – per fuggire dallo sterminio. Poco probabile se lo sterminio stesso non era ancora cominciato. Se ne parlò nell’ottobre 1940, nel gennaio 1941 a Wannsee e fino al settembre dello stesso anno gli ebrei tedeschi, a determinate condizioni, poterono ancora lasciare la Germania. Lo sterminio vero e proprio cominciò nell’ottobre 1941 a Belzec e poi via via negli altri campi e nel marzo 1942 a Birkenau, subito con prigionieri russi. Purtroppo, gli ebrei europei non erano a conoscenza del destino che attendeva moltissimi di loro, altrimenti avrebbero cercato di organizzarsi. Invece furono colti di sorpresa e su di essi fu consumato uno dei crimini più odiosi e nefasti che la storia del Novecento ricordi. Nessuno, a essere precisi, tranne ovviamente i nazisti, aveva chiaro questo terribile disegno. Diciamo poi che a guerra iniziata, e almeno fino all’8 settembre, gli italiani rifiutarono sempre di consegnare ebrei ai tedeschi, sia quelli che si trovavano sul suolo nazionale (dove erano installati, venti campi di concentramento destinati soprattutto a ebrei stranieri e quattrocentotrenta località di internamento) che gli altri, quelli presenti sui territori occupati dai nostri militari. La letteratura sull’argomento è copiosa e univoca: Poliakov, Hilberg, Malvezzi e Pirella, De Felice per citare qualche nome. Dopo l’8 settembre cambiò tutto, ma questa è una storia che non riguarda l’Esperia, del resto già affondata. Stabilito ciò torniamo all’Esperia[3], che svolgeva la rotta n. 47, quattordicinale (Genova, Napoli, Siracusa, Alessandria, Caifa, Beirut, Alessandria e ritorno)[4]. Torniamo al comandante Emanuele Stagnaro che comandò sì l’Esperia, ma non nel periodo imminente alla dichiarazione di guerra. Infatti (la nostra ricerca parte dal maggio 1940, prima, in base alla storia riportata, avrebbe poco senso) Stagnaro giunse a Genova con la motonave Calitea (normalmente rotta n. 50: Trieste, Venezia, Fiume, Brindisi, Pireo, Rodi, Alessandria via Capo Matapan[5], qui certo in sostituzione dell’Esperia[6]) il 2 maggio 1940 e ripartì il 4 maggio alle ore 16,45[7]. Ritornò nuovamente a Genova il 15 maggio con la stessa nave e ripartì il giorno 17 alle 16[8]. La motonave Calitea ritornò a Genova il 29 maggio e ripartì il 31; stavolta, al comando non c’era più Stagnaro, bensì il comandante Zanetti[9]. A questo punto Stagnaro, dopo essere ripartito da Genova potrebbe aver compiuto una parte del viaggio ed essersi imbarcato sulla turbonave Esperia a Napoli (un normale avvicendamento di routine, ma ricordiamo che la rotta dell’Esperia iniziava da Genova), tra il 27 e il 28 maggio per far compiere alla nave l’ultimo viaggio prima della guerra. Oppure potrebbe essere partito prima; in questo caso cadrebbe il presupposto iniziale del viaggio compiuto con i 1.500 ebrei a cavallo della dichiarazione di guerra. Ma supponiamo che Stagnaro si fosse effettivamente imbarcato il 27 o 28 maggio, o il 30 o anche il 2 giugno; sarebbe sempre arrivato ad Alessandria prima della dichiarazione di guerra. Tuttavia, c’è un problema. Perché, da una ricerca condotta con la Biblioteca nazionale di Napoli, risulta che l’Esperia non partì né arrivò nel porto di Napoli tra il 27 maggio e il 9 giugno 1940 e dunque quel famoso viaggio non avrebbe potuto compiersi[10]. Così, almeno, sfogliando “Il Mattino”. Il giornale però potrebbe avere omesso il dato. Ma, se riprendiamo la tabella degli orari (con l’Esperia che iniziava il viaggio da Genova, come doveva essere nella realtà e come non si verificò dal 1° maggio al 9 giugno 1940) e soprattutto il bollettino della Finmare relativo al periodo le cose cambiano alla radice. Infatti, testualmente si legge su quest’ultimo: Piroscafo Esperia stazza lorda 11398 tonn., varato nel 1919 Dal 10/6/40 al 16/6/40 in sosta a Venezia[11] Dal 17/6/40 al 3/3/41 requisito dal Ministero della Marina[12] Dal 7/3/41 al 22/3/41 in sosta a Genova Dal 23/3/41 al 20/8/41 requisito dal Ministero della Marina. Perduto per fatto di guerra il 20/8/1941. Atto di abbandono notificato al Ministero della Marina in data 6/11/41[13]. A questo punto la domanda e dopo tutto quanto abbiamo scritto: se l’Esperia almeno dal 10 giugno 1940 (sicuramente da prima, forse a montare le artiglierie – era attrezzata per questo – all’Arsenale e i “tempi” di tale operazione non sono certamente brevi) si trovava a Venezia – se fosse arrivata quel giorno da Alessandria avrebbe dovuto partire dal porto egiziano il giorno 6 senza scali intermedi – come faceva al tempo stesso, cioè il 10 giugno, a essere in navigazione verso Alessandria? A titolo informativo forniamo altresì la posizione della motonave Calitea per il giorno 10 giugno, citando la stessa fonte Finmare. Motonave Calitea stazza lorda 4013,44 tonn., varata nel 1933 Dal 10/6/40 al 13/6/40 a Malta per controllo ed in navigazione per Siracusa. Alcuni problemi pratici relativi alla presunta entrata ad Alessandria del piroscafo Esperia nei giorni della dichiarazione di guerra. Ammesso che il comandante Stagnaro abbia potuto soprassedere all'ordine di rientro, sia riuscito a entrare al “Mex” (angiporto di Alessandria), per sbarcare i passeggeri avrebbe dovuto interessare l'agenzia del posto. Quella di allora fu la De Castro, oggi inesistente ma il cui palazzo si può ancora vedere in rue El Oreya. Se tutto questo fosse riuscito sicuramente non sarebbe bastata la volontà del solo equipaggio, bensì la complicità di tutto il personale dell'agenzia di Alessandria e di tutte le spie abitanti il porto, oltre a coloro che poi diedero ricovero agli ebrei. Ciò, beninteso, non toglie nulla all’eroismo del comandante Stagnaro e al suo equipaggio. Già il 25 giugno 1941, al suo comando, l’Esperia, in navigazione da Napoli a Tripoli subì un primo attacco aereo con bombe e siluri. Un secondo attacco avvenne il 30 giugno; la nave si salvò, ma si ebbero tre morti e numerosi feriti. Il terzo attacco, fatale, avvenne il 20 agosto 1941, al largo di Tripoli: la nave, colpita da siluri lanciati da un sommergibile, affondò. Morirono 6 marinai civili; 13 militari tedeschi; 27 militari italiani. Si ebbero 11 feriti. Il comandante Stagnaro riprese il mare compiendo fino in fondo il proprio dovere finché – ma la storia è nota – trovò la morte durante l’affondamento del Galilea. Con lui, oltre a membri dell’equipaggio, morirono molti alpini di un reggimento della divisione Julia, la stessa che successivamente fu quasi completamente distrutta durante la ritirata di Russia del gennaio 1943. Conclusioni. La storia dei 1.500 ebrei può anche essere avvenuta. Ma a precise condizioni. Intanto, occorre ridimensionarne fortemente il numero. Poi, occorre capire come abbiano potuto imbarcarsi, in Italia, tanti ebrei tutti assieme. Occorre poi ricollocare la storia, trovare cioè, con i necessari riscontri oggettivi, una data concreta, che non può per forza di cose essere quella della dichiarazione di guerra. Verosimilmente, il il 1939; forse, i primi mesi del 1940. Quindi, è necessario capire chi fu a fornire i visti di transito agli ebrei, dal momento che i visti si rilasciavano solo a precise condizioni, non ultima il pagamento di forti somme[14] e come si siano comportati gli inglesi al loro arrivo ad Alessandria, perché, per motivi politici, gli stessi inglesi (che avevano mandato per la Palestina) respingevano gli ebrei che volevano raggiungere tale territorio. Infine, è necessario capire perché la Delasem, o il Comasebit, organismi specializzati nell’assistenza agli ebrei, specie stranieri, operanti dal 1939 in Italia, non ne avessero mai saputo nulla. Sciogliendo, fra l’altro, anche questi interrogativi, sarà possibile far luce su un episodio per lo meno contraddittorio, sul quale, tranne una testimonianza, non esiste alcuna prova. [1]Sandro Antonini, storico ligure, ha al suo attivo diversi libri riguardanti il fascismo e la seconda guerra mondiale. Sulla questione ebraica durante il fascismo ha scritto “Delasem” – Storia della più grande organizzazione di soccorso ebraica italiana durante la seconda guerra mondiale. [2] Franco Prevato, studioso e ricercatore. Ex funzionario della soc. “Adriatica” e attualmente dipendente della “Tirrenia”, storico veneto della società “Adriatica”. Fra le sue pubblicazioni in web: “Storia di una famiglia di emigranti”, “I dogi”, “Giornale nautico parte prima”. [3] Le navi dell' Adriatica sono sempre state "attrezzate" per il trasporto di passeggeri ebrei i quali potevano usufruire di spazi appositamente per loro attrezzati con cucina cosher e stoviglie distinte dalla croce di David. Gli spazi situati tra il pizzo di prua e la prima casamatta potevano estendersi al corridoio della stiva n° 1, non si possono definire certamente spazi comodi ma... erano pur sempre spazi. Durante il fascismo a bordo delle navi di tutta la flotta vi era un "ufficiale informatore" addetto alle segnalazioni visiva prima, divenute radio, poi . Gli ufficiali informatori erano di sicura e provata fede fascista proprio per i delicati compiti da svolgere divenuti sempre più importanti dopo il 1939. Inoltre sempre dal 1939 in poi tutte le navi (almeno quelle della flotta pubblica) furono dotate di pezzi d'artiglieria leggera e semipesante i quali erano al comando di un comandante militare e di una scorta di servizio militare spesso formata anche da osservatori tedeschi dopo l'entrata in guerra. L'equipaggio era formato da circa 170 persone tra ufficiali di stato maggiore addetti alla conduzione sottufficiali e "bassa forza". [4] MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI, Itinerari e orari dei Servizi Marittimi, fasc. n. 163, Torino, luglio 1939. L’orario era lo stesso per il 1938, per il 1937 e così via; lo stesso per il 1940. [5] Ivi, c. s. [6] Quando su una nave si manifestava un’avaria ( e tutto lascia concorrere che un’avaria vi fosse sull’Esperia, varata nel 1919, e una linea anziché un’altra poteva essere “ricoperta” da una nave in sostituzione, rinunciando ad una linea secondaria per favorirne una di primaria importanza. Oltretutto, si spiega perché a comandare il Calitea si trovasse Stagnaro, che la linea n. 47 praticava da lungo tempo. [7] Cfr. Il Lavoro, Il Giornale di Genova in data 3, 4 e 5 maggio 1940, alla pagina marittima: rubrica “Arrivi e partenze nel porto di Genova”. [8] Cfr. ivi c. s., in data 15, 16 e 17 maggio 1940. [9] Cfr. Ivi c. s. e anche Il Secolo XIX in data 29, 31 e 1° giugno 1940. [10] Cfr. Il Mattino in data dal 27 maggio al 9 giugno 1940, pagina marittima. [11] Bollettino Finmare, a mani degli autori. [12] Ciò è confermato dalla pubblicazione Navi mercantile perdute, edita dall’Ufficio Storico della Marina Militare, che riporta la requisizione della nave dal giorno 17 giugno all’affondamento). [13] Ministero della Marina, attraverso Società Adriatica di Navigazione. [14] Senza contare che sarebbe occorso un doppio visto, italiano e inglese.
Dal IL SECOLO XIX del 16 marzo 2005 pag. 14: |